Tre diverse tessere: un unico puzzle.
Intervista a Roberto Pirrone, Angelo Saggese e Onofrio Vasile di Gabetti Bari.

🥚 Di Mirko Galletta

Ci sono storie di successo che vengono dopo una lunga preparazione ed altre che invece nascono dopo durissimi colpi che non ti spezzano, ma ti fortificano. Questa è una di quelle: una storia che oggi suona ancora più incisiva dopo uno dei peggiori momenti dell'umanità, nonché dell'imprenditoria italiana.
Abbiamo intervistato
Roberto Pirrone, Angelo Saggese e Onofrio Vasile di Gabetti Bari, agenzia immobiliare che opera a Bari in diversi quartieri. Ne è venuto fuori un pezzo che parla di sogni, delusioni, successi, e futuro.

Partiamo dall'inizio: come nasce la vostra agenzia?
Angelo Saggese: Tutto nasce da quello che probabilmente per molti è un momento buio: un licenziamento. Dopo 6 anni di lavoro come consulenti immobiliari, Gabetti decide di rivoluzionare la sua azienda trasformandola in franchising. Niente più dipendenti, ma franchisor.

Angelo Saggese, Roberto Pirrone, Onofrio Vasile di Gabetti Bari

Saggese, Pirrone, e Vasile nel 2009.

Che colpo! Cosa pensaste in quel momento?
Roberto Pirrone: Tra noi c'era e c'è ancora un grande feeling. Pensammo subito che fosse il momento migliore per fare il grande salto, e di farlo insieme. All'epoca eravamo tre colleghi legati da simpatia e stima. Eravamo giovani e ancora con poche responsabilità sulle spalle. O almeno questo valeva per me e Angelo, che vivevamo ancora con i nostri genitori.

Onofrio Vasile: Esatto! Io ero già un marito e un padre felice, quindi la notizia per me non fu delle più belle. In realtà non lo fu per nessuno, ma riuscimmo a vedere in questa batosta un'opportunità: quella che ci offrì Gabetti per rilevare le agenzie del territorio. Fummo tra i pochi a perseguire questa strada, così andammo a Milano e facemmo la nostra proposta all'azienda.

Il nostro ufficio a Poggiofranco? Era un'auto!

Sa' della classica storia della valigia di cartone con biglietto di sola andata per il Nord.
AS: È vero [ride. Ndr]. E invece tornammo! Sai cosa avevamo per fare la nostra proposta? Niente! Non avevamo 1 euro da poter investire, ma solo tanta intraprendenza, voglia di mettersi in gioco e far valere ciò che avevamo fino ad allora imparato come consulenti.

RP: Nessuna banca voleva darci un prestito. Eravamo una neo azienda che aveva bisogno di un cospicuo finanziamento per iniziare. Chi mai si fiderebbe? Nessuno, se non Gabetti! L'azienda ci fu molto di aiuto permettendoci di rischiare e rilevare l'agenzia di Santo Spirito, Palese e Poggiofranco. I sacrifici e le privazioni furono tantissimi, per un intero anno utilizzammo tutti i guadagni esclusivamente per far fronte agli impegni presi. Poi, pian piano, iniziammo a vedere i primi reali guadagni.

Quando è nata, invece, l'agenzia di Poggiofranco?
OV: L'agenzia fisica è nata un anno dopo la prima agenzia, ma in qualità di esperti di zona lavoravamo già anche su questo quartiere, pur senza un punto d'appoggio.

RP: L'ufficio di Onofrio era la sua auto!

OV: Facevo gli appuntamenti negli appartamenti in vendita, e le telefonate per strada o nella mia utilitaria. A posteriori ci ridiamo su, e un po' ci ricorda un inizi del Cav. Gabetti, quando inventò gli "uffici mobili", cioè grossi pullman attrezzati per ricevere i clienti e parlare degli immobili in vendita.

AS: Quando aprimmo l'agenzia di Poggiofranco non avevamo neanche i mobili per arredarla. Infatti chiedemmo all'azienda il mobilio delle altre agenzie in smantellamento; ancora oggi custodiamo gelosamente alcuni di quei pezzi, che ci ricordano molte cose, non in ultimo la gratitudine verso Gabetti.
E c
osì un pezzo alla volta creammo la nostra seconda sede. Stavolta stabile e non su quattro ruote!

Ne avete avuto di coraggio e di perserveranza!
AS: Ti racconto un altro aneddoto che rende bene l'idea. Nel mese di agosto la nostra agenzia a Poggiofranco diventa rovente per il caldo. A quei tempi non potevamo permetterci neanche un condizionatore d'ambiente, così quando ospitavamo i primi clienti ci dispiacevamo per non potergli offrire un luogo più fresco, allo stesso tempo provavamo imbarazzo, perché il caldo era davvero pazzesco.

OV: È vero. Ero costretto a scusarmi coi clienti per il disagio dicendo che purtroppo ad agosto non riuscivamo a trovare un installatore disponibile. Per fortuna presto la musica cambiò. I nostri tantissimi sforzi e le preoccupazioni iniziarono ad essere ripagati, e i fatturati a salire.

«Il mio direttore commerciale mi disse che non avevo la stoffa per vendere.»

Ora sono curioso di sapere cosa facevate prima di entrare nel mondo immobiliare.
RP: Io ho iniziato da subito a fare questo mestiere. È stato amore a prima vista. Non appena presi il diploma da geometra mi cimentai in quello che è stato il lavoro della mia vita. Primo e unico amore!

OV: Dopo il diploma provai a proseguire la strada degli studi nel settore odontoiatrico, ma senza la giusta convinzione. Iniziai quindi a lavorare, avevo un ottimo stipendio, e non mi dispiaceva ciò che facevo, ma non era ciò che volevo fare per sempre. Ho sempre avuto passione per l'architettura, sin da quando ero ragazzetto e giravo in vespa ammirando le ville di Santo Spirito fantasticandoci su. Poi le forti lusinghe da parte dell'allora direttore di Gabetti mi portarono a fare una vera scelta di cuore più che economica, infatti lasciai un lavoro che mi dava 4 volte quello che guadagnavo allora come consulente.

AS: Le mie prime esperienze furono un mezzo disastro, ma in realtà sono state edificanti per ciò che è venuto dopo. Mi diplomai come perito industriale, e poi iniziai a fare l'agente commerciale presso un'azienda che vendeva servizi comunicativi per il settore horeca. Non dimenticherò mai le parole del direttore commerciale, quando al mio ennesimo contratto mancato mi disse che non avevo la stoffa per vendere!

A differenza dei tuoi soci, per te è stato un altro momento no della tua vita.
AS: Be' ce ne sono stati tanti, come per tutti. L'importante è prendere quei momenti come uno stimolo a reagire, piuttosto che a deprimersi. Dopo quell'esperienza feci l'operaio presso una tipografia... Insomma, ci misi poco a capire cosa non volessi fare nella mia vita.

RP: È ironico pensare come molto più tardi ci ritrovammo a stampare il nostro pocket cartaceo proprio da quella tipografia. Da dipendente a cliente!

Percepisco il vostro affiatamento persino nelle vostre risposte.
OV: Ci siamo conosciuti come colleghi, e subito ci siamo legati. C'è stata da subito forte empatia, e questo ha fatto sì che nel momento clou della nottata noi fossimo un terzetto già abbastanza rodato e pronto a sostenerci l'un l'altro.

Eppure siete completamente diversi fra di voi. Nel look, nell'attitudine, nel modo di parlare...
RP: Forse è questa la nostra forza. C'è quello più pignolo e quello più leggero, quello più serio e quello più scanzonato. Non è facile costituire una Società che duri nel tempo, ma noi ci siamo perfettamente incastrati.

AS: Come tre tessere diverse che formano lo stesso puzzle.